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Tripura Rahasya (Jnanakanda) – Quarta lettura: il frutto della compagnia dei virtuosi

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Tripura Rahasya (Jnanakanda) – Quarta lettura: il frutto della compagnia dei virtuosi

tripura sundari
1 – Sorridendo appena l’irreprensibile fanciulla così si rivolse al principe avido di abbracci, dopo aver udito il suo discorso.
2 – Voleva farsi comprendere, e pertanto gli parlò con giudizio: “Ascoltami, figlio di re. Non è che io non provi passione per te.
3 – Cosa a questo mondo è di più caro, cosa è più sgradito? La mia mente è occupata in un’ininterrotta riflessione su questo problema, e sino a ora non sono riuscita a raggiungere una convinzione definitiva al riguardo.
4 – Da lungo tempo medito costantemente su questo tema, costretta dai limiti della mia condizione di donna, e non riesco a conoscere la realtà. Degnati dunque di espormela dicendo il vero.
5 – Quand’ebbe così parlato, Hemachuda rise e così replicò all’amata: “Ottusa in verità è la mente delle donne, senz’alcun dubbio!
6 – Persino gli animali, gli uccelli e i rettili conoscono ciò che è caro e ciò che è sgradito: è evidente che
7 – cercano ciò che è caro e fuggono ciò che è sgradito, e che bisogno c’è di starci a riflettere sopra? Ciò che è caro è il piacere, ciò che è sgradito è il dolore.
8 – Perché mai, o diletta, continui a ponderare su questo argomento per mera stupidità?” Udite le parole dell’amato, così rispose Hemalekha:
9 – “È pur vero che le donne sono stupide, e difettano di una reale capacità di riflessione. Tuttavia tu potrai farmi comprendere la verità, giacché sai riflettere correttamente.
10 – Una volta illuminata da te potrò accantonare le mie elucubrazioni e abbandonarmi ogni giorno a continui piaceri in tua compagnia.
11 – O re, tu che hai buon discernimento hai stabilito che il piacere consiste in ciò che è caro e il dolore in ciò cheè sgradito.
12 – Ma si dà il caso che un solo oggetto sia fonte di piacere o di dolore a seconda delle circostanze di tempo, di luogo o di specie. Come è possibile in tal caso determinare alcunché di valido in via definitiva?
13 – Così il fuoco, a seconda delle differenze di tempo, produce risultati sensibilmente diversi, e così pure in considerazione delle condizioni di luogo e delle varietà di aspetto che presenta.
14 – Nella stagione fredda il calore del fuoco è caro, sgradito in estate; e così pure l’esser caro o sgradito del fuoco dipende dal clima della regione, sia esso freddo o caldo.
15 – Per individui di complessione fredda il fuoco è gradito, sgradito altrimenti. E così si dice accada a seconda se sia proporzionalmente troppo o troppo poco.
16 – E lo stesso vale per il freddo, le ricchezze, le donne, i figli, il regno e via discorrendo. Considera per esempio il re tuo padre, che è sempre circondato dalla moglie, dai figli e dalle ricchezze,
17 – eppure ogni giorno è in preda alle preoccupazioni. Perché altri, meno fortunati, non si preoccupanno mai? Inoltre gli oggetti fonte di piacere non sono infiniti,
18 – e non v’è chi possa possederli per intero per trarne perpetuo diletto. Se poi pensi che si possa ottenere anche solo un po’ di piacere,
19 – sappi che non è piacere quello che è inevitabilmente commisto a una componente di dolore. Il dolore poi è duplice, a seconda se sia esterno o interno.
20 – Quello esterno riguarda il corpo e procede da uno squilibrio dei suoi costituenti; quello interno riguarda la mente e procede dal desiderio.
21 – Il più pericoloso è il dolore mentale, che ha fatto del mondo intero la sua preda. Il desiderio è il potente seme dell’albero del dolore.
22 – E si dice che gli dèi stessi a cominciare da Indra, che dimorano su nel cielo, resi schiavi dal desiderio, giorno e notte sempre operino sotto il suo dominio.
23 – Sappi, stirpe di re, che il piacere che sussiste nel residuo lasciato dal desiderio non è che dolore, e ha luogo anche negli insetti.
24 – Meglio allora il piacere che provano gli animali, i vermi, gli insetti e simili, che è commisurato alla pochezza dei loro desideri. Ma dimmi, quale può essere il piacere degli uommini?
25 – Se chi è posseduto da centinaia di desideri e riesce a soddisfarne solo qualcuno potesse essere detto felice a questo mondo, allora dimmi chi può non considerarsi tale.
26 – Se chi avesse le membra interamente bruciate dal fuoco potesse provare refrigerio in tutto il corpo con una goccia appena di unguento di sandalo, allora questi potrebbe essere detto felice.
27 – Certo l’uomo ottiene piacere quando si unisce all’amata, ma contemporaneamente prova dolore se l’unione è squilibrata.
28 – All’inizio del rapporto amoroso si produce in tutti una sorta di fatica, alla fine una spossatezza simile a quella degli animali da soma.
29 – Come puoi scorgere in ciò una forma di felicità? Lascia che ti dica che sino a che il piacere nel corso dell’unione con l’amata sarà prodotto dalla frizione di organi,
30 – sarà uguale a quello che puoi trovare tra i cani. Se poi sostieni che il piacere sia un qualcosa di superiore che nasce dalla contemplazione della bellezza,
31 – allora sarà un che di solamente immaginato, come nel caso di rapporti sessuali in sogno. C’era una volta un principe, più bello del dio dell’amore.
32 – Egli era immensamente innamorato di una fanciulla bellissima e piena di fascino e l’aveva sposata.
33 – Ma il cuore di lei batteva per un altro, un servo del principe. Questi riuscì a ingannare il padrone valendosi di uno stratagemma.
34 – Gli versava del vino oltremisura per istupidirlo. Una volta accecato dall’ebbrezza, gli mandava una serva di orribile aspetto.
35 – Nel frattempo lui si sollazzava con sua moglie, la più bella donna del mondo. Per molto tempo il principe, reso cieco dall’ebbrezza,
36 – ogni giorno continuò a unirsi con la serva, pensando però così in cuor suo: “me beato, che mi unisco con una donna siffatta, la più bella del mondo, più desiderabile della vita stessa.
37 – Possa sempre essere così.” Trascorse in tal modo parecchio tempo finché il destino volle
38 – che il servitore, dopo aver servito al padrone la solita bevanda, se ne andasse per certe sue faccende urgenti. Il principe per qualche ragione non bevve smodatamente,
39 – e si affrettò a raggiungere, smanioso di piacere, la camera nuziale, piena di attrattive, in grado di offrire ogni sorta di godimenti e cose preziose.
40 – Così il signore degli dèi Indra si sarebbe accostato alla dimora della sua consorte Shaci, situata nel suo paradiso. Unitosi alla serva che giaceva sdraiata su un lussuoso divano,
41 – privato di volontà propria, sotto l’impeto del piacere, godette di lei in preda a un’estrema eccitazione. Ma, svanita la passione, si rese conto che si trattava di una serva, e per di più dalle orribili sembianze.
42 – Adirato e allarmato prese a pensare che mai gli fosse accaduto e chiesse a quella donna “dov’è la mia diletta?”
43 – La serva da lui interpellata comprese che il principe quella volta non si era ubriacato, e prese a tremare di paura al punto di essere incapace di rispondere alcunché.
44 – Accortosi che c’era sotto un inghippo il principe comprese di essere stato ingannato. Afferrò quindi con la sinistra la serva per i capelli, rosso d’ira in volto,
45 – diede piglio alla spada con la destra e prese a minacciare la sventurata dicendole: “dimmi per filo e per segno cosa è successo,
46 – senza indugio, altrimenti non avrai più neppure un istante da vivere!” Terrorizzata da queste parole quella pensò solo più a salvarsi la vita.
47 – Si recò dunque dove da tempo aveva luogo il misfatto e gli mostrò il posto ove la sua consorte soleva incontrarsi con il servo.
48 – Su un mucchio di strame giaceva là per terra il servo, dalla carnagione scurissima, gli occhi arrossati, di statura imponente, tutte le membra coperte di sporcizia, l’espressione del volto ottusa, d’aspetto ributtante.
49 – Esausta dal piacere la principessa lo abbracciava amorevolmente, tenendolo stretto con ognuna delle membra. Aveva passato le sue braccia delicate intorno al suo collo a mo’ di liane e
50 – premeva la bocca di loto contro il viso di lui. Le sue gambe di loto erano strettamente avvinghiate alle due cosce di lui e in mano sua erano abbandonate le sue rigogliose mammelle.
51 – Pareva al principe di vedere una liana coperta di fiori e gemme a primavera, o Rohini corteggiata da Rahu.
52 – Dopo averla contemplata per un po’, dimentica di sé nel sonno, rimase un attimo stupefatto per poi riprendere possesso di sé.
53 – E tu ascolta dalle mie labbra cosa disse il principe: “Onta sopra di me, ignobile che sono, abbrutito oltre misura, istupidito dall’ebbrezza!
54 – Onta sopra coloro che si lasciano sedurre dalle donne! Onta sopra costoro, infimi tra gli uomini! Le donne non appartengono all’uomo più che le gracule all’albero!
55 – Ma che dovrei dire di me, che sono ingenuo quanto un bufalo appena nato, che da lungo tempo la conoscevo eppure l’amavo più della vita stessa.
56 – Le donne non appartengono a nessuno, o solo nel senso in cui si può dire che una puttana appartenga al cliente. Chi ripone fiducia nelle donne è un asino calzato e vestito.
57 – Le donne sono delicate, sommamente instabili, incostanti, durano un attimo come le nubi d’autunno.
58 – E sino a oggi io non avevo avuto contezza della natura delle donne! Lei ha scelto di essere fedele a un servo, dopo avere abbandonato me che l’amavo con tutto il cuore.
59 – Teneva nascosto il suo amore per un altro ed era tutta ansiosa di ingannarmi, come un’attrice tra una cerchia di spettatori lascivi che fa mostra di un attaccamento recitato.
60 – La mente ottenebrata dal vino, io non nutrivo il minimo sospetto su di lei, anzi ero fiducioso che mi seguisse come un’ombra.
61 – E per lungo tempo sono stato ingannato, sino al punto di legarmi a questa serva così laida da non poterla guardare. Chi può dirsi al mondo più ottuso di me?
62 – E per così lungo tempo la mia fiducia è stata ingannata da costei, per questo gaglioffo di un servo, orribile d’aspetto in ogni parte del suo corpo.
63 – Che mai avrà trovato in lui di così bello, di superiore a me che per beltà attiro gli sguardi di tutti,
64 – per legarsi a lui e abbandonare me che l’amavo?” Così molto si doleva il principe, finché deluso oltre ogni dire
65 – si ritirò in una selva, fuggendo ogni attaccamento. È per questo, figlio di re, che la bellezza non è che un prodotto della mente.
66 – Il tuo occhio scorge in me un’estrema bellezza, e per questo tu godi smisuratamente della mia compagnia. Ma allo stesso modo,
67 – altri godono ancora di più di donne anche brutte. Ora ti dirò perché, e tu ascoltami con attenzione, o diletto.
68 – La donna che viene guardata è correttamente percepita quanto al suo aspetto esteriore, ma il suo riflesso interiore quale viene immaginato dalla coscienza
69 – concorre a creare l’idea di bellezza formata dalla mente, che ripetuta più volte sfocia nel desiderio.
70 – Allora l’uomo, i sensi in subbuglio, attinge la pienezza del piacere. Se i sensi non fossero posti in agitazione non si avrebbe piacere anche in presenza di una donna molto bella.
71 – La radice di tale perturbazione consiste nell’evocazione ripetuta della bellezza, dal che si evince la mancata osservazione di tale turbamento nei fanciulli e negli asceti.
72 – Pertanto chiunque provi piacere in una donna, sia essa bella o meno, non fa altro che fingersi una bellezza solo immaginata.
73 – Si vedono donne d’aspetto assolutamente ripugnante accompagnarsi con baldi giovani e generare prole.
74 – Come potrebbe nascere piacere da simili donne, se gli uomini se le immaginassero brutte o se non ne immaginassero la bellezza?
75 – E che dire degli uomini resi ciechi dal desiderio, per i quali nelle pudenda risplende una bellezza incomparabile?
76 – Questo ti dico: chi scorge alcunché di piacevole nel corpo, umido di feci e urine, dove non percepirà la bellezza?
77 – E dunque renditi conto alfine, o principe, di che consista la bellezza: senza un fallace attaccamento non potrebbe mai essere fonte di piacere.
78 – Se la bellezza fosse intrinseca al corpo, come la dolcezza lo è al miele, che dire dei bambini, per i quali essa non è manifesta?
79 – Nelle diverse regioni del mondo si osservano uomini d’aspetto assai vario. Alcuni hanno un solo piede, altri un solo occhio. Chi ha orecchie lunghissime, chi un muso da cavallo.
80 – Chi si avvolge con le orecchie a mo’ di mantello, chi ha il viso a forma di vomere, o con delle zanne che spuntano fuori, chi è senza naso e chi ha un naso lunghissimo, chi è irsuto e chi è glabro.
81 – Chi ha i capelli rossi, chi bianchi, chi è calvo, chi ha una folta chioma. Chi ha la pelle biancastra come per vitiligine, chi nera, chi rossiccia, chi del colore del rame.
82 – Vedi dunque come una quantità di mortali provi piacere nelle donne della propria specie, come a te accade con me, o principe.
83 – La bellezza muliebre è di certo la principale fonte di piacere per gli esseri: è cara a ciascuno, e tutti ne sono ammaliati, anche i saggi.
84 – E analogamente per le donne il corpo maschile appare come un che di amabile, di eccezionale bellezza. Ma tu, o principe, considera con molta attenzione di che cosa si tratti in realtà.
85 – Il corpo non è che una gabbia di ossa, ricoperta di carne, inzuppata di sangue, tenuta insieme dai tendini, rivestita di pelle irsuta di peli, piena di bile e flegma,
86 – un ricettacolo di feci e urina, originato da una commistione di sperma e sangue mestruale, messo alla luce per lo stesso canale da cui transita l’urina. Eppure lo dicono caro e desiderabile.
87 – È in quest’oggetto ripugnante che gli umini trovano il loro piacere! Dimmi allora: che differenza c’è tra un gaudente e un verme?
88 – Principe, questo corpo che ti è così caro, consideralo nella sua interezza valendoti della tua facoltà di discriminazione, dividendolo nelle sue componenti.
89 – Analizza del pari con l’acume del tuo intelletto come gli alimenti secondo i loro sei sapori, dolce, acido e via dicendo, naturalmente subiscano una trasformazione.
90 – Tutto ciò che viene ingerito si trasforma in feci, e non v’è dubbio al riguardo, poiché si tratta di una nozione comune a tutti.
91 – Dimmi dunque, se le cose stanno così, come è possibile dichiarare che a questo mondo qualcosa è caro e qualcos’altro sgradito?” A seguito di questo discorso Hemachuda conobbe il disgusto per gli oggetti dell’esperienza.
92 – La suggestione di quel discorso mai udito prima lo piombò nel più profondo stupore. Meditò a lungo su tutto quanto detto da Hemalekha,
93 – e in lui prese corpo la più completa indifferenza per i godimenti terreni, sino a sfociare nel più profondo distacco. Successivamente interrogò l’amata e conobbe da lei che esisteva una condizione suprema.
94 – Riconobbe in sé l’esistenza della consapevolezza assoluta, presente nel proprio Sé sotto l’aspetto della Dea Tripura. Ormai liberato, assunse per intero l’aspetto del Sé.
95 – Divenne un liberato in questa stessa vita, e comunicò la propria conoscenza al fratello minore Manichuda, nonchè al padre loro Muktachuda.
96 – La sposa di questi ottenne la conoscenza dalla nuora, e ne furono resi partecipi anche i ministri e i cittadini tutti.
97 – Ben presto non vi fu più alcuno che ne fosse escluso in quella capitale ove ogni residuo di mondanità si era acquietato, che divenne simile alla città celeste di Brahma.
98 – Quell’illustre città divenne la più famosa del mondo. Persino i pappagalli e le gracule nelle gabbie proclamavano senza posa:
99 – “Rendete omaggio al vostro Sé, che ha l’aspetto della coscienza, priva di contenuti del pensiero. Non vi è oggetto concepibile al di fuori della coscienza, come il riflesso non può esistere indipendentemente dallo specchio.
100 – La coscienza è ciò che può essere pensato, la coscienza sono io stesso, la coscienza è ogni cosa, mobile o immobile. Laddove ogni cosa diviene manifesta solo in virtù della coscienza, essa sola è legge sé stessa.
101 – Rendete dunque omaggio, o genti, alla coscienza che risplende in ogni cosa e che tutto sostiene, lasciate ogni illusione, sì che con la vostra intelligenza possiate percepire la coscienza e null’altro.
102 – Un giorno alcuni brahmani guidati da Vamadeva ebbero modo di udire questo discorso di ottimo auspicio pronunciato dai pappagalli, e decisero di chiamare la città
103 – in cui gli animali stessi proclamavano la conoscenza “città della conoscenza”
104 – E ancora oggi essa è nota con questo nome. Per questo, o Rama, la compagnia dei virtuosi è la radice di ogni progresso verso il bene.
105 – Accompagnandosi a Hemalekha tutti ottennero la conoscenza, e dunque, o Rama, considera la compagnia dei buoni come la suprema radice della salvezza.

Termina qui la quarta lettura della sezione della gnosi del Segreto della Dea Tripura, che s’intitola “il frutto della compagnia dei virtuosi”.
Fonti

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