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I bambini sacri e la guarigione di Marìa Ana

suryanamaskara 0

Bambini sacri

Non so quanti, ma molti anni dopo che ero rimasta vedova la prima volta, mia sorella Marìa Ana si ammalò. Aveva dolori al ventre; sentiva fitte acute che la facevano piegare in due gemendo per il dolore. La vedevo aggravarsi di giorno in giorno. Quando si sentiva un po’ meglio, riprendeva le faccende di casa; ma arrivò un giorno in cui, senza riuscire a controllarsi, svenne per strada.

Da allora, i suoi svenimenti si verificarono con sempre maggior frequenza.

Molto preoccupata per la sua salute, ho chiamato dei guaritori per curarla, ma vedevo con angoscia che la sua malattia si aggravava. Una mattina non ebbe la forza di alzarsi dal letto; tremava e gemeva. Mi preoccupai più che mai. Feci venire vari guaritori, ma fu tutto inutile, non riuscirono a guarire mia sorella.

Quel pomeriggio, vedendo mia sorella distesa, immaginavo che fosse morta. La mia unica sorella. No, non doveva succedere. Lei non doveva morire. Io sapevo che i bambini sacri avevano il potere. Li avevo mangiati da piccola e ricordavo che non facevano male. Sapevo che la nostra gente li mangia per guarire dalle malattie. Allora presi una decisione; quella notte stessa avrei preso i funghi sacri. Ed è quello che ho fatto. A lei ne diedi tre paia.

Io ne mangiai molti perché mi dessero un potere immenso. Non posso mentire. Avrò mangiato trenta paia di derrumbe’.

Mentre i bambini lavoravano dentro il mio corpo, pregavo e chiedevo a Dio di aiutarmi a guarire Marìa Ana.

Poco a poco sentivo che potevo parlare con sempre maggior facilità. Mi avvicinai all’ammalata. I bambini sacri guidavano le mie mani attorno ai suoi fianchi che esse comprimevano. Dolcemente, le feci un massaggio dove diceva che provava dolore, che le faceva male. Parlavo e cantavo.

Sentivo che cantavo bene. Dicevo quello che i bambini mi obbligavano a dire.

Continuai a comprimere con le mani mia sorella, sul ventre e sui fianchi. E alla fine uscì molto sangue. Acqua e sangue, come se stesse partorendo. Non provai paura neanche per un attimo perché sapevo che il piccolo che spunta la stava curando attraverso me. Erano i bambini sacri che consigliavano e io eseguivo. Mi occupai di mia sorella fino a quando il sangue cessò di uscire. Dopo smise di lamentarsi e si addormentò. Mia madre si sedette vicino a lei per vegliarla.

Io non riuscii a dormire. I piccoli santi continuavano a lavorare nel mio corpo. Ricordo di aver avuto una visione.

Apparvero dei personaggi che mi ispirarono rispetto. Io sapevo che erano gli Esseri Principali di cui parlavano i miei antenati. Erano seduti dietro a un tavolo sul quale c’erano molte carte scritte. Sapevo che quelle carte erano importanti. Gli Esseri Principali erano molti, almeno sei o otto. Alcuni mi guardavano, altri leggevano le carte che erano sul tavolo. Altri ancora sembravano cercare qualcosa fra quelle carte. Sapevo che non erano di carne e ossa.

Sapevo che non erano neanche esseri d’acqua o di tortilla. Sapevo che era una rivelazione che i bambini sacri mi consegnavano.

All’improvviso, udii una voce. Una voce dolce, ma allo stesso tempo autoritaria. Come la voce di un padre che ama i propri figli, ma che li alleva con severità.

Una voce saggia che disse: « Ecco gli Esseri Principali … » Capii che i funghi mi parlavano. Provai una felicità infinita.

Sul tavolo degli Esseri Principali apparve un libro, un libro aperto che si ingrandì fino a raggiungere le dimensioni di un uomo. Sulle pagine c’erano delle scritture. Era un libro bianco, tanto bianco che risplendeva.

Uno degli Esseri Principali mi parlò e mi disse: « Marìa Sabina, ecco il Libro della Saggezza. È il Libro del Linguaggio. Tutto quello che vi è scritto è per te … Il Libro è tuo, prendilo per fare il tuo lavoro … ». Io esclamai emozionata: « È per me. Lo ricevo … »

Gli Esseri Principali scomparvero e mi lasciarono sola davanti all’immenso Libro. Sapevo che era il Libro della Saggezza.

Il Libro era davanti a me, potevo vederlo, ma non toccarlo.

Tentai di accarezzarlo, ma le mie mani non toccarono nulla. Mi limitai a contemplarlo e cominciai subito a parlare. Allora mi accorsi che stavo leggendo il Libro Sacro del Linguaggio. Il mio Libro, il Libro degli Esseri Principali.

Avevo raggiunto la perfezione. Non ero più una semplice apprendista. Per questo, come premio, come nomina, mi era stato dato il Libro. Quando si prendono i bambini sacri, si possono vedere gli Esseri Principali. Non c’è altro modo’. E questo perché i funghi sono sacri; essi danno la saggezza. La Saggezza e il Linguaggio. Il Linguaggio è nel Libro. Il Libro lo concedono gli Esseri Principali … I Principali appaiono grazie al grande potere dei bambini.

Imparai la Saggezza del Libro. Dopo, nelle mie successive visioni, il Libro non mi è più apparso perché ne conservavo ormai il contenuto nella memoria.

La veglia durante la quale guarii mia sorella Maria Ana l’ho fatta come gli antichi mazatechi. Usai candele di cera pura; fiori, gigli e gladioli (si possono usare tutti i tipi di fiori, purché siano profumati e colorati), si utilizza anche del copal e del San Pedro.

In un braciere bruciai il copal e feci passare i bambini sacri che tenevo in mano, attraverso il fumo. Prima di mangiarli, parlai loro, chiesi loro di essere favorevoli. Che ci benedicessero, che ci mostrassero la strada, la verità, la guarigione. Che ci dessero il potere di seguire le orme del male per annientarlo. Dissi ai funghi: « Berrò il tuo sangue. Mangerò il tuo cuore. Perché la mia coscienza è pura, perché è senza macchia, come la tua. Dammi la verità. E San Pedro e San Pablo mi accompagnino». Nel sentirmi girare la testa, spensi le candele. L’oscurità serve da sfondo a ciò che si vede.

Durante quella stessa veglia, dopo che il Libro scomparve, ebbi un’altra visione: vidi il Supremo Signore delle Montagne, il Chicon Nindò. Vidi che era un uomo a cavallo che veniva verso la mia capanna. Io sapevo, la voce me lo diceva che quell’essere era un Personaggio. La sua cavalcatura era bellissima: un cavallo bianco, bianco come la schiuma. Un cavallo bellissimo.

Il Personaggio fermò la cavalcatura davanti alla porta della mia capanna. Lo potevo vedere attraverso le pareti, io ero dentro casa ma i miei occhi avevano il potere di vedere attraverso qualsiasi ostacolo. Il Personaggio aspettava che io uscissi.

Con decisione, uscii per andargli incontro. Mi fermai vicino a lui. Sì, era Chicon Nindò, colui che dimora nel Nindò Tocoxho, colui che è padrone delle montagne. Colui che ha il potere di incantare gli spiriti. Colui che cura anche gli ammalati. Colui al quale si sacrificano i tacchini, al quale i guaritori offrono cacao perché guarisca gli ammalati.

Mi fermai vicino a lui e mi avvicinai ancor di più. Vidi che non aveva volto, eppure portava un grande cappello bianco. Il suo volto era come un’ombra.

La notte era nera, le nubi coprivano il cielo, ma il Chicon Nindò era come un essere circondato da un alone.

Ammutolii. Il Chicon Nindò non pronunciò una parola.

All’improvviso spinse la sua cavalcatura per continuare il suo cammino. Scomparve sulla strada, in direzione della sua dimora; l’enorme Cerro de la Adoracion. Il Nindò Tocoxho.

È lassù che lui vive, e io sul Cerro del Fortin, il più vicino al Nindò Tocoxho, e cosi siamo vicini. Il Chicon Nindò era venuto perché con il mio linguaggio sapiente lo avevo chiamato.

Entrai in casa ed ebbi un’altra visione. Vidi qualcosa che cadeva dal cielo con un grande rumore; come un fulmine.

Era un oggetto luminoso che accecava. Vidi che cadeva attraverso un buco che c’era nella parete. Per terra, l’oggetto si trasformò in una specie di essere vegetale, anch’esso circondato da un alone come il Chicon Nindò. Era come una pianta con fiori di molti colori, la sua testa aveva un grande splendore. Il suo corpo era coperto di foglie e di germogli.

Rimase fermo li, al centro della capanna, e io lo guardai bene. Le sue braccia e le sue gambe erano come rami; era tutto coperto di rugiada e dietro a lui apparve un fondo rossastro. L’essere vegetale incominciò a svanire in questo sfondo rossastro fino a scomparire completamente.

Quando la visione sfumò, io sudavo, sudavo. Il mio sudore non era tiepido, ma freddo. Mi accorsi che piangevo e le mie lacrime erano di cristallo e, cadendo al suolo, tintinnavano. Continuai a piangere, ma allo stesso tempo, fischiai ed applaudii, suonai e ballai. Ballai perché sapevo che ero il Folletto grandioso e il Folletto padrone.

All’alba, mi addormentai placidamente. Dormii, ma non fu un sonno profondo. Sentivo che mi cullavo in un sogno … come se il mio corpo si dondolasse dolcemente in un’amaca gigante sospesa nel cielo che oscillava da una montagna all’altra.

Quando mi svegliai, il sole era già alto. Era mattina avanzata. Toccai il mio corpo e il suolo per assicurarmi che ero tornata nel mondo degli umani. Non ero più vicina agli Esseri Principali… Nel riconoscere ciò che mi circondava, cercai con gli occhi mia sorella Marìa Ana. Dormiva.

Non volli svegliarla. Vidi anche che una parte delle pareti della capanna erano crollate, e che un’altra parte stava per cadere. Adesso credo che mentre i bambini sacri lavoravano nel mio corpo, io stessa avevo buttato giù la parete con il peso del mio corpo. Suppongo che mentre ballavo sia andata a sbattere contro la parete e l’abbia buttata giù.

Nei giorni seguenti, la gente che passava chiedeva che cosa era successo alla casa. Mi limitavo a dir loro che le piogge e i venti degli ultimi giorni avevano distrutto le pareti di fango e di paglia.

E Maria Ana guarì. Guarì per sempre. Attualmente vive felice, con il marito e i figli vicino a Santa Cruz de Juarez.

Fonte

Alvaro Estrada, “Vita di Marìa Sabina – La sciamana dei funghi allucinogeni”