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Giuggiolo comune

Ziziphus zizyphus (L.) H. Karst.

Famiglia

Rhamnaceae

Ordine

Rhamnales

Sottoclasse

Rosidae

Classe

Magnoliopsida

Descrizione

Albero alto 6-7 metri, dall'aspetto piuttosto contorto, con rami irregolari e spinosi (ogni nodo presenta una coppia di piccole spine); la corteccia delle branche è rugosa, di colore rosso bruno.

Le foglie, caduche, piccole, alterne, di forma ovata, sono lucenti e coriacee, presentano stipole spinose e pagina ondulata.

I fiori piccoli e verdastri appaiono in giugno. I frutti assomigliano a grosse olive, sono rosso marrone scuro a maturita'; la polpa e' soda, compatta, di sapore gradevolmente acidulo, di colore verde tenue. Ha un accrescimento molto lento, così come la messa a frutto.

Sinonimi - Zizyphus jujuba Miller - Zizyphus vulgaris L.

Habitat - Il giuggiolo è originario della Cina meridionale e dell'Asia centrale anche se adesso si è naturalizzato nel bacino del Mediterraneo. La pianta si adatta a vari tipi di terreno, sopporta situazioni di forte aridità grazie soprattutto al suo apparato radicale molto sviluppato in profondità; preferisce suoli leggeri, non umidi e con pH neutro-alcalino. Vive in zone con clima temperato con minime invernali non inferiori a 10° C e con estati lunghe e calde. La pianta può subire danni da gelate precoci nel periodo autunnale.In zone settentrionali la coltivazione è possibile solo sotto particolari microclimi come in prossimità dei laghi o in colline ben esposte. E' possibile trovare esemplari di giuggiolo nei climi più diversi, tuttavia la pianta dà buoni frutti soltanto alla fine delle estati calde. A differenza di altre specie della stessa famiglia, è in grado di sopravvivere ad inverni freddi, con temperature fino a -15 °C. Non ha particolari esigenze di terreno. La presenza degli alberi di giuggiole è pressoché sempre dovuta a coltivazione, attuale o residua, pur esistendo una presenza significativa di piante naturalizzate. La crescita della pianta è molto lenta per la formazione di cortissimi brachiblasti. La presenza di alberi di mole significativa, e quindi molto vecchi, in seguito allo sconvolgimento agrario del secolo scorso, è alquanto rara; si trovano spesso solo presso vecchie case coloniche, o cascinali abbandonati, su suolo povero ma non disturbato.

I semi della pianta sono molto restii a germogliare a causa dell'endocarpo molto duro e robusto, un modo semplice per aggirare il problema è il taglio della punta del seme con delle forbici da potatura per agevolare l'ingresso dell'umidità all'interno del seme. Frequentemente la pianta è propagata più facilmente per mezzo dei numerosi polloni radicali che produce in abbondanza.

"Andare in brodo di giuggiole" è un’espressione, un modo di dire per indicare uno stato di gioia, un uscire di sé dalla contentezza, andare in visibilio per qualcosa. Il brodo di giuggiole infatti è un liquore, un antico distillato che veniva offerto soprattutto dai contadini agli ospiti di riguardo o ai padroni come una prelibatezza per la sua dolcezza. Le protagoniste di tutto ciò sono le giuggiole cioè i frutti di Ziziphus jujuba Miller, una pianta appartenente alla famiglia delle Rhamnaceae originaria del Medio Oriente (probabilmente della Siria) e che presenta un ampio areale di distribuzione: dalla Cina alla Spagna. In Italia è stata introdotta in epoca romana nel I secolo d.C., ma nell'area mediterranea era già conosciuta da alcuni secoli dagli Egizi, dai Fenici e dai Greci.

Erodoto, lo storico greco, nelle "Storie" cita le giuggiole paragonandole ai datteri per la loro dolcezza e precisa che dalla fermentazione della loro polpa si ottiene un vino inebriante conosciuto anche dagli Egizi e dai Fenici. Diversi autori hanno identificato il frutto del loto citato da Omero nel IX libro dell’Odissea, quando Ulisse e i suoi uomini approdano all’isola dei Lotofagi, e responsabile di provocare amnesia nei compagni dell’eroe che ne hanno fatto uso, come il frutto di Ziziphus loto da noi conosciuto come giuggiolo selvatico. Zizzola, zinzuli, scicula: molti i nomi dialettali di questa piccolo albero che raggiunge mediamente l'altezza di 6 metri, dall’aspetto contorto con i rami irregolari e spinosi, le foglie piccole ovate, lucenti e coriacee, i fiori piccoli di un giallo verdastro, tutto sommato di bell'aspetto e a volte usato come pianta ornamentale nei giardini, nella campagna romagnola, poiché lo si considerava una pianta porta fortuna, in molte case coloniche era posto a ridosso della parete più esposta al sole. I frutti (drupe) sono carnosi e simili a grosse olive di color ruggine o marrone scuro che, quando sono maturi, presentano una polpa biancastra dal sapore dolciastro paragonabile a quello dei datteri e sono infatti noti anche come "datteri cinesi". E' una pianta che si sviluppa in zone a clima temperato in Italia nelle zone centro meridionali, ma anche in particolari microclimi come in prossimità di laghi e di colline ben esposte: ne sono esempio i Colli Euganei dove ad Arquà Petrarca, la prima e la seconda domenica di ottobre, si svolge la festa delle giuggiole in coincidenza con il periodo della loro maturazione. Pianta e frutti conosciuti ed ammirati da Francesco Petrarca quando giunse in questa cittadina, Arquà, scelta come ultima sua dimora.

Usi alimentari

L'uso alimentare di questi frutti minori è molteplice si possono consumare al naturale freschi o secchi, ma soprattutto sono utilizzati per preparare marmellate, confetture, gelatine, liquori e possono essere conservate sotto grappa, ma anche in salamoia; anche il famoso "brodo di giuggiole", un un antico liquore che si produce in Veneto. Secondo gli scritti di Erodoto, le giuggiole erano dolci quanto il dattero e, dopo aver fermentato, potevano essere usate per produrre un vino, le cui più antiche preparazioni risalgono a Egizi e Fenici.

Marmellata di giuggiole

Ricetta n.1 -  Prendere un chilo digiuggiole ben mature, metterle, divise a metà, in una casseruola con poca acqua e farle cuocere completamente. Passarle al setaccio e pesarle. Rimettere al fuoco con lo zucchero nelle proporzioni 1 a 8 e cuocere finché la marmellata avrà la consistenza desiderata.

Ricetta n.2 - Cuocere un chilo di giuggiole snocciolate ed una mela renetta in mezzo bicchiere di acqua, 500 g di zucchero ed una scorzetta di limone. Raggiunta la consistenza desiderata, invasare in recipienti preriscaldati, capovolgerli per cinque minuti, poi rigirare i vasi, coprirli con panni e lasciarli sterilizzare.

Proprietà

I frutti sono consumati freschi, oppure leggermente avvizziti; possiedono un certo effetto diuretico, emolliente e lassativo.

L'uso medicinale è meno frequente in Italia, ma è molto frequente in Oriente, soprattutto in Cina, dove è coltivato da oltre 4000 anni, e dove oltre ai frutti vengono utilizzate in campo medico anche i semi e le radici.

Diverse sono le proprietà terapeutiche di questa pianta ricca di vitamina C che nella medicina popolare, soprattutto nei paesi arabi, era considerata uno dei quattro "frutti pettorali" insieme ai fichi, ai datteri e all'uva sultanina, e per questo usata per decotti ed infusi emollienti per curare i sintomi da raffreddamento e le infiammazioni delle vie respiratorie. In certe zone del Veneto le giuggiole erano usate dalle donne "a filò" che, avendo continuamente bisogno di saliva per umettare le dita e tirare il filo da avvolgere, le utilizzavano come caramelle per produrre saliva.

Costituenti principali

I frutti del giuggiolo sono utilizzati anche a scopo fitoterapico: dopo la raccolta in settembre-ottobre, le giuggiole vengono sottoposte all'essiccazione. Oltre ad una modesta quantità di zuccheri, pectina e mucillagini, i frutti del giuggiolo contengono anche: Antrachinoni Tannini Zizifusina: alcaloide bisbenziliso-chinolinici Daehuciclopeptide-I: sostanze ciclopeptidiche Acido ascorbico Flavonoidi (suvertisina) Saponosidi a genina triterpenica tetraciclica (tratto da Dizionario ragionato di erboristeria e fitoterapia, di A. Bruni)

Impieghi medici-fitoterapici

In medicina orientale, le proprietà terapiche delle giuggiole sono sfruttate per alleggerire i sintomi legati a depressione, affaticamento fisico, astenia, irritabilità e nervosismo. Sembra che queste presunte potenzialità delle giuggiole, attribuite ai frutti dalle culture orientali, trovino un certo riscontro scientifico, in particolare per le attività sedative ed ipnotiche (rese dai saponosidi). I semi (non i frutti) della specie Zizyphus spinosa si sono rivelati particolarmente appropriati per combattere gli stati d'insonnia e di nervosismo. Nella medicina cinese, le giuggiole sono sfruttate come tonico per ridurre gli stati d'ansia accompagnati da palpitazioni e nevrastenia. Per la presenza degli antrachinoni, le giuggiole vantano di un blando effetto lassativo. Non può certo essere dimenticato l'impiego dei frutti del giuggiolo per alleggerire infiammazioni della gola, bronchiti, raffreddori e raucedine. Sembra che il consumo smodato dei frutti del giuggiolo possa inibire il desiderio sessuale: ad ogni modo, non ci sono dimostrazioni attendibili che avvalorino la teoria. La zizifina, un composto che si trova nelle foglie del giuggiolo, sopprime nell'uomo la percezione del sapore dolce. C'è un solo nocciolo all'interno del frutto, simile a quello di un'oliva, che nella cucina persiana è noto come annab.

Narra Omero (Odissea, libro IX) che Ulisse e i suoi uomini, portati fuori rotta da una tempesta, approdarono all'isola dei Lotofagi (secondo alcuni l'odierna Djerba), nel nord dell’Africa. Alcuni dei suoi uomini, una volta sbarcati per esplorare l'isola, si lasciarono tentare dal frutto del loto, un frutto magico che fece loro dimenticare mogli, famiglie e la nostalgia di casa. È probabile che il loto di cui parla Omero sia proprio lo Zizyphus lotus, un giuggiolo selvatico, e che l'incantesimo dei Lotofagi non fosse provocato da narcotici ma soltanto dalla bevanda alcolica che si può preparare coi frutti del giuggiolo.

Una specie affine, lo Zizyphus spina-christi, è ritenuto dalla leggenda una delle due piante che servirono a preparare la corona di spine di Gesù. L’altra sarebbe il Paliurus spina-christi. Pare che per gli antichi Romani il giuggiolo fosse il simbolo del silenzio, e come tale adornasse i templi della dea Prudenza. Tra i rimedi naturali che curano le vie respiratorie, oltre al farfaccio e al ribes nero, c’è il giuggiolo. Albero dai frutti zuccherini e dolcissimi, è tra le piante più usate dalla gemmoterapia. La giuggiola è un frutto molto nutriente, e quello secco viene usato per curare i disturbi delle vie respiratorie: il frutto essiccato o l’estratto di giuggiolo viene usato per curare le infiammazioni della gola, le bronchiti più gravi, i comuni raffreddori. Il giuggiolo è un ottimo rimedio anche contro l’asma e funziona contro la raucedine. Nulla può contro il prurito agli occhi, ma è efficace anche contro le infiammazioni intestinali. Il giuggiolo secco si può bere sotto forma di decotto, e servirà ad alleviare i disturbi tipici di aprile e maggio. Chi è pronto a ricorrere a questo rimedio naturale per sopravvivere alla primavera deve però sapere che vi è una contriondicazione non da poco: le piccole e dolcissime giuggiole frenerebbero il desiderio sessuale. Le bacche sono dotate di proprietà emollienti e bechiche, ed entrano nella composizione della storica tisana dei quattro frutti, che associa, in parti uguali, giuggiola, datteri, fichi e uva; veniva impiegata nella forme infiammatorie a carico dell'apparato respiratorio. La presenza di flavonoidi determina un'azione sedativa.  I frutti della giuggiola vengono correntemente utilizzati in Cina nel trattamento dell'insonnia dovuta ad astenia fisica, ma anche i semi come ipnotici, sedativi e ansiolitici. I principi responsabili dell'azione sedativa sono stati isolati nei semi del frutto. Si tratta di composti triterpenici (jujubosidi Al e C e acetil jujuboside B), flavonoidi ecc. presenti anche nel frutto. In Francia viene consigliato l'utilizzo topico come antalgico nelle affezioni della cavità orale (Avis auxfabricants, 1990).

La medicina araba utilizza invece il frutto come depurativo, antifebbrile, nelle infiammazioni, nell'asma e in oftalmologia; il seme, come tonificante.

Alcuni ricercatori hanno studiato il frutto, utilizzando un estratto alcolico del frutto essiccato con i semi, al fine di valutarne le proprietà antalgiche, antiinfiarnmatorie, antifebbrili e broncodilatatrici. Hanno così potuto appurare che l'estratto etanolico presenta azione antiinfiammatoria nell'edema da carragenina e nel granuloma infiammatorio. Mentre l'azione antipiretica non è stata riscontrata, l'estratto ha dimostrato di possedere proprietà antalgiche importanti (per os), forse attribuibili agli alcaloidi e ai flavonoidi del fitocomplesso.

IMPORTANTE: si raccomanda di raccogliere le piante solo se si è sicuri della specie a cui appartengono, lontano da fonti di inquinamento e contaminazione come industrie, strade, rifiuti, torrenti inquinati, stalle ecc.

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