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Barba di becco violetta

Tragopogon porrifolius L.

Famiglia

Asteraceae

Ordine

Asterales

Sottoclasse

Asteridae

Classe

Magnoliopsida

Descrizione

Sinonimo:

Tragopogon eriospermus Ten.

Nomi italiani:

Salsefica, Raperonzolo selvatico, Salsifì, Barba di becco violetta, Targone, Barba di prete, Persemolone, Latte di uccello, Scorzobianca.

Forma Biologica:

H bienn - Emicriptofite bienni. Piante a ciclo biennale con gemme poste a livello del terreno. H scap - Emicriptofite scapose. Piante perennanti per mezzo di gemme poste a livello del terreno e con asse fiorale allungato, spesso privo di foglie.

Descrizione:

Pianta erbacea biennale o annuale, alta 20 -60 cm (-120) glauca e glabra. Fusto eretto,semplice o poco ramificato; glabro ma talvolta con rada peluria fioccosa, clavato sotto il capolino. Radice asssai sviluppata, fittonante e poi anche legnosa. Foglie basali lineari, alterne, intere, parallelinervie con margine ondulato larghe 5 mm e lunghe 10 - 15 cm; le caulinari piĆ¹ piccole e munite di guaina amplessicaule e con breve lamina caniculalta a base allargata. Il fiore è un capolino solitario ligulato troncato con 5 denti; portato da un lungo peduncolo ingrossato;di colore viola-bruno o porporino-scuro più raramentwe bianco o lillacino; brattee involucrali (8-9) lineari poste su un solo ordine, di colore verde e più lunghe delle ligule.Stami ad antere caudate; stilo sottile e biforcato. Il frutto è formato da acheni, di colore bruno scuro e con coste spinulose, che si assottigliano formando una specie di becco con pappo (6-8 cm).

Tipo corologico:

Euri-Medit. - Entità con areale centrato sulle coste mediterranee, ma con prolungamenti verso nord e verso est (area della Vite).

Antesi:

Maggio - Luglio

Distribuzione in Italia:

Presente in tutte le regioni tranne in V.D.A e T.A.A.

Habitat:

Prati aridi, terreni incolti, bordi di strade di campagna,da 0 a 1000 m .

Note di Sistematica:

Nella flora italiana si annoverano le seguenti sottospecie: - Tragopogon porrifolius L. subsp. australis (Jord.) Nyman - Tragopogon porrifolius L. subsp. cupani (Guss. ex DC.) I. Richardson - Tragopogon porrifolius L.subsp. porrifolius

Tassonomia filogenetica

Magnoliophyta Eudicotiledoni Asteridi Ordine Asterales Link Famiglia Asteraceae Bercht. & J.Presl Tribù Tragopogoneae Genere Tragopogon L.

Etimologia:

L'etimologia del genere deriva dal greco "tragòs" = "capra" e " pogòn" = "barba". Già in Dioscoride si legge di una pianta denominata "barba di capra" termine originato forse dalla forma del frutto che si presenta con esile becco risultato dalla metamorfosi del tubo calicino che in fase di maturazione resta sormontato da un lungo pappo. L'epiteto della specie fa riferimento alla somiglianza delle foglie a quelle del porro selvatico.

Fonte: http://www.actaplantarum.org/floraitaliae/viewtopic.php?t=8650

Usi alimentari

La pianta è conosciuta per l’uso alimentare, non diversamente da altre dello stesso genere. Il nome dialettale salsefrica in uso in alcune località farebbe riferimento alla proprietà della pianta di rompere i calcoli renali. Una varietà coltivata, detta scorzobianca, ricavata dalla selvatica e conosciuta fin dall’antichità, viene ancora commercializzata per essere utilizzata come ortaggio per via della radice, robusta e carnosa e dal sapore non lontano da quello delle noci. I grossi pappi sono fatti in vari luoghi oggetto di giochi infantili e di credenze popolari decisamente ingenue, come quella, segnalata per il Veneto, di rivelare quante bugie vengono dette in ragione delle volte che occorre soffiare per disperdere tutti gli acheni (da qui il nome dialettale bugia) o quella del Palermitano che attribuisce agli acheni finiti in casa il potere di portar via i soldi. In cucina vengono consumate in diverse aree del nostro Paese non solo le radici, dopo essere state lessate, ma anche le foglie stesse, le più tenere, e i giovani scapi avvolti dalle foglie, consumati anch’essi lessati o stufati o crudi in insalate. Scapi e foglie vengono anche utilizzati come snack, direttamente sul posto dove si raccolgono. La radice, tagliata a dischetti e seccata, può essere conservata e poi utilizzata non diversamente dai funghi, mentre in passato essa veniva anche aggiunta alle farine dopo essere stata ridotta in polvere o utilizzata come surrogato del caffé dopo essere stata tostata.
La varietà coltivata - per molti aspetti sostituibile da quella selvatica - è oggetto di raffinate ricette e sperimentazioni.
A scopo alimentare si usano anche altre specie di Tragopogon, a cominciare dal più comune pratensis a fiori gialli, che non differiscono molto fra di loro fino all’antesi.

Fonte: http://www.piantespontaneeincucina.info/documenti/schede_delle_principali_specie_della_tradizione_alimentare/tragopogon_porrifolius.pdf

Proprietà

Specie commestibile officinale. La giovane rosetta basale del primo anno viene utilizzata cotta e condita insieme ad altre erbe oppure fa parte di insalate miste. La radice da sempre, viene consumata a guisa di legume, in besciamella o in pinzimonio. I costituenti principali sono glucidi, protidi e lipidi che conferiscono alla pianta proprietà depurative, diuretiche, sudoripare ed espettoranti. La radice inoltre, essendo ricca del polisaccaride "inulina", viene utilizzata per produrre lo zucchero per i diabetici.

Curiosità:

Il Tragopogon porrifolius sostituì come pianta d'orto, intorno al XVI sec. la "Scorzonera hispanica" (Vedi Oliviero des Serres). I capolini si aprono al mattino e si chiudono nel primo pomeriggio. Talvolta,dopo l'attacco di un fungo parassita "Ustilago tragopogi" l'infiorescenza si riduce a una massa nera polverulenta.

Fonte: http://www.actaplantarum.org/floraitaliae/viewtopic.php?t=8650

IMPORTANTE: si raccomanda di raccogliere le piante solo se si è sicuri della specie a cui appartengono, lontano da fonti di inquinamento e contaminazione come industrie, strade, rifiuti, torrenti inquinati, stalle ecc.

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