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Per la salvaguardia della biodiversità

di Davide Ciccarese

Più del 15% della flora è a rischio di estinzione e nelle superifici coltivate si è passati da 6000 varietà di specie alle circa 200 di oggi.

Così la tavola diventa sempre più povera. Ma c'è chi lavora per mantenere i sapori e le biodiversità.In un periodo di grandi cambiamenti, uno dei tanti che sta accadendo proprio sotto il nostro naso, è la perdità di varietà di piante coltivate e non. A farne le spese sono per primi i nostri agricoltori e poi noi con l'impoverimento del menù dei nostri piatti.

Stanno scomparendo infatti, molte specie di piante, più del 15% della flora è a rischio estinzione e nei campi coltivati, si è passati da 6000 varietà di specie coltivate alle circa 200 di oggi.Le ragioni sono diverse, una di queste il cambiamento climatico che seleziona sempre di più le varietà di piante che possiamo coltivare.

Dunque le strade percorse oggi dalla ricerca, per modificare questo destino, sono da una parte, salvaguardare la biodiversità e dall'altra, scoprire nuove soluzioni.Un progetto che va nella direzione della salvaguardia della biodiversità e che vede una collaborazione internazionale tra l'Università di Pavia e il Kew garden di Londra, per raccogliere i semi delle piante "progenitori" di quelle coltivate, ovvero tutte quelle piante selvatiche presenti in natura da cui gli agricoltori nei millenni hanno selezionato le varietà coltivate oggi.

Sono dette Crop Wild Relatives, ovvero gli antenati delle piante addomesticate.

Una volta individuate verrano conservate nelle Banche dei semi, speciali magazzini a temperature controllate che possono coservare i semi mantenendoli attivi.

L'obiettivo è quello di salvaguardare il patrimonio genetico di piante selvatiche che ancora conservano un patrimonio genetico intatto, e potrebbero diventare donatrici di "geni" per il miglioramento delle coltivazioni e il mantenimento degli ecosistemi agricoli sostenibili.

Il Parco della Vena del gesso romagnola è stato individuato come uno dei siti per la raccolta di piante ancestrali, proprio perchè sono zone che mantengono una condizione semi-naturale, un buon equilibrio tra presenza dell'uomo e della natura.

Si parla di orzo, melo, avena tutte selvatiche presenti nel territorio individuato per questa speciale ricerca di piante ancestrali.

Sempre alla ricerca delle soluzioni per fermare la perdità di biodiversità, un altra linea della ricerca scientifica svolta nelle università e non solo, sono le così dette new crop, ovvero tutte quelle piante selvatiche commestibili che non abbiamo addomesticato e che invece presentano delle grandi potenzialità per le coltivazioni del futuro, rispondere al fabbisogno di cibo e rispondere meglio ai cambiamenti climatici.

In Italia ad esempio, sono 880 le specie di piante commestibili, circa il 22% della flora, un patrimonio da cui potranno nascere le nuove coltivazioni di cui ci ciberemo in un futuro con meno acqua e meno risorse disponibili.

Quando saremo in giro per le nostre vacanze, raccoglieremo o incontreremo molte di queste erbe selvatiche di cui parlo nel libro Cucinare le erbe selvatiche edito per Ponte alle Grazie.

E se dicessi qualche nome di pianta, sono sicuro che si accenderebbe un GPS mentale che fa rinvenire il ricordo dei luoghi in cui siamo stati in vacanza, in fondo noi nel nostro profondo siamo ancora un po' cacciatori e raccoglitori.

Abbiamo stampato nel cervello una mappa dei gusti e degli odori che ci collega ai luoghi delle vacanze alla pianta che abbiamo raccolto e assaggiato.

Finocchio selvatico, finocchio marino, ci ricordano i margini delle spiaggie e delle scogliere, delle strade del nostro lungo mare, sferzato dal vento ricco di salsedine. Mirto, il gusto della macchia mediterranea, dei momenti di relax dopo cene eccezionali di fine estate. More, il gusto della sorpresa lungo i sentieri di montagna assolati, una pausa dolce prima di riprendere il cammino. Portulaca, sul cemento caldo dell'estate nella città in cui siamo ancora ancorati ad attendere, forse in partenza prima di caricare la macchina. Borragine, fresca e sorprendente nei prati spontanea solo dove andiamo in vacanza acquistata in vivaio invece dove abbiamo la nostra residenza. Cipollaccio o lampascione, dal sapore di terra un buon inizio per gli antipasti locali di un altra regione della nostra villeggiatura. E si potrebbe continuare ancora e ancora, tanti ricordi legati a piante selvatiche protagoniste della nostra estate dei gusti e dei sapori. Siamo anche noi alla ricerca di cibo e di piante commestibili, anche quando non lo abbiamo programmato, senza essere parte di un equipe di ricerca, ma semplici esploratori e ospiti del mondo.

Andare in giro a raccogliere oppure semplicemente osservare la natura in quei luoghi dove andremo in vacanza, che magari conservano ancora un po' di natura ci farà scoprire gusti nuovi o ritrovarne di vecchi e imparare che la natura è una infinita risorsa di cibo, basta sapere dove cercare e soprattutto nei modi giusti con rispetto.

Davide Ciccarese - laureato in Agraria, ha svolto parte dei suoi studi universitari in Francia presso l'Istituto nazionale di ricerche agricole (INRA) specializzandosi sui temi dell'agricoltura periurbana. Si occupa della realizzazione di fattorie didattiche, orti urbani e sviluppo delle aziende agricole. Collabora con Il Fatto Quotidiano e, dal 2008, al progetto Cuccagna per i temi relativi ad ambiente e alimentazione. Ha realizzato workshop su orticoltura e piante spontanee. É Presidente dell'associazione Nostrale, progetto nato per promuovere il consumo consapevole e la realizzazione di progetti di sviluppo agricolo sostenibile, e membro del coordinamento del Forum Agricoltura Sociale Lombardia.

Fonte: www.cadoinpiedi.it

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