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Agricoltura anticapitalistica

La crisi, oltre ad essere economica, finanziaria, sociale, è anche alimentare. Le cause risiedono nel modello produttivo in agricoltura, nella concezione di un Sud del mondo destinato alle produzioni agricole a bassissimo costo (a scapito dei diritti sociali e della sicurezza alimentare locale) da esportare al Nord, nella finanziarizzazione dei prodotti alimentari di prima necessità, nella dipendenza alimentare.

Occorre ripartire dalla centralità dell'agricoltura. Bisogna arrivare a un modello agricolosociale diverso, che si fondi sull'anticapitalismo (modello produttivo agricolo deglobalizzato), sulla demercificazione delle relazioni sociali (reti solidali di filiera), sulla difesa dei beni comuni (il cibo come bene comune).

Oggi si produce un aspro conflitto lungo la catena del valore, dove i prezzi e la qualità rispondono ad esigenze estranee al mondo agricolo. Occorre cambiare i rapporti di forza nella filiera agricola e del cibo. Del valore del prodotto agricolo ben il 60% va alla Gdo, il 23% al settore agroindustriale e solo il 17% alla produzione, realizzando così un passaggio di plusvalore agricolo dalla produzione alla trasformazione e alla rendita, rendendo non remunerativo l'investimento alla produzione.

Il conflitto è tra due modelli di agricoltura: quello globalizzato neoliberista, che nell'agricoltura vede un'impresa per far profitti e che concentra sempre più le risorse produttive nelle mani dell'agroindustria e quello che utilizza risorse locali ed è rivolto ai mercati locali, col compito sia di avere una funzione sociale sia di essere economicamente ed ecologicamente sostenibile.

Mettere in discussione l'agricoltura industriale richiede la messa in discussione di tutto il modello economico capitalistico, fondato sull'illusione/necessità che le risorse del pianeta siano infinite.

E' necessario proporre un futuro per l'agricoltura e per l'alimentazione del pianeta basati sulla sovranità alimentare e sulla biodiversità.

Il suolo agricolo e il cibo vanno considerati beni comuni, che devono essere gestiti direttamente dalle comunità interessate.

«La sovranità alimentare è il diritto dei popoli a definire le proprie politiche e strategie sostenibili di produzione, distribuzione e consumo di cibo, che garantiscano a loro volta il diritto all'alimentazione di tutta la popolazione».

Bisogna priorizzare la produzione di cibo sano e di qualità, destinato in primo luogo al mercato interno e non al commercio internazionale; mantenere una capacità produttiva alimentare diversificata che rispetti la biodiversità; garantire agli agricoltori prezzi remunerativi; porre fine al processo di industrializzazione dei metodi di produzione agricola; sviluppare una produzione sostenibile basata sulla agricoltura familiare e di piccole dimensioni; sostenere economie alimentari basandosi sulla produzione locale e costituendo punti di vendita locali; supportare una politica agricola e alimentare che incoraggi la filiera corta e il Km 0.

In questa ottica i Gap (Gruppi di Acquisto Popolare) possono diventare lo strumento per l'affermazione di processi produttivi sostenibili, a difesa dei diritti del lavoro e per l'ecologia politica come passaggio di trasformazione sociale a partire dal territorio, contando su una domanda organizzata e orientata al valore d'uso.
I GAP sono reti di cittadini che si uniscono e decidono l'acquisto collettivo di beni quali generi alimentari, ogni GAP non fa vendita e non fa nessun lucro, ma contratta il prezzo direttamente con i produttori e poi crea una rete di distribuzione alternativa a quella delle grandi catene.
Ciò che ha spinto la nascita dei GAP (oramai presenti su tutto il territorio nazionale) è la necessità sempre più impellente di combattere il carovita: molti GAP hanno iniziato la loro attività con il pane a prezzo calmierato (1 euro al kg); per chi non lo sapesse, il grano è quotato in borsa e da qui nascono le speculazioni su un elemento vitale per l' uomo che ogni governo dovrebbe invece garantire a prezzo calmierato e popolare.
I Gruppo d' Acquisto mirano proprio a raggiungere tale scopo, dimostrare che può esistere un commercio a prezzo stabilito tra le parti (produttore e consumatore), un commercio in cui chi produce e chi consuma hanno un rapporto diretto e di fiducia.

La sovranità alimentare è frutto sia di politiche pubbliche coerenti, che di modelli relazionali, produttivi e di consumo che si basino sull'autorganizzazione sociale, sul mutualismo, su nuovi stili di vita e su pratiche di economia solidale (demercificazione delle relazioni sociali).

I Gap sono concepiti come iniziativa in difesa del reddito, ma va anche avviato il percorso di autorganizzazione (anche in funzione dell'allargamento dell'esperienza). Il rapporto solidale coi produttori porta alla costruzione di esperienze di prezzo "giusto" (inconcepibile nel mercato capitalistico) e ad alleanze in direzione della lotta contro lo smantellamento dell'agricoltura in nome della rendita sia commerciale che fondiaria. In sostanza i Gap possono affiancare alla funzione di servizio quella di percorsi orientati al cambiamento del modo di produzione.

Fonti:

http://www.retegap.org/che_cosa_sono_i_gap.php

http://www.controlacrisi.org/notizia/Altro/2011/1/20/9318-Crisi-e-sovranit%C3%A0-alimentare:-come,-dove-produrre-e-come/

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