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Definizione di Alimurgia

Nel corso degli anni e dopo il cosiddetto boom economico, l'evolversi dello sviluppo nella "società dei consumi", l'industrializzazione, l'aumento della quantità e della qualità dei servizi, ecc., hanno portato certamente un grande miglioramento delle condizioni di vita da molti punti di vista.Tuttavia ciò ha anche determinato una serie di gravi conseguenze, ancora oggi sottovalutate, come il consumo di territorio e di risorse, l'abbruttimento del paesaggio, l'inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo, l'incremento di gravi patologie, la perdita di valori, e molto altro.In particolare, si sono persi usi, costumi e tradizioni secolari, si è quasi abbandonato l'uso del dialetto, i giovani agricoltori, salvo poche eccezioni, non conoscono le piante che crescono nelle nostre campagne e i vari usi per i quali esse un tempo si cercavano e si raccoglievano attivamente.Nel 1767 Giovanni Targioni-Tozzetti propose il termine "Alimurgìa" per indicare lo studio delle soluzioni da ricercare in caso di urgenza alimentare (alimenta + urgentia = alimurgia).Il suo studio sull'argomento fu pubblicato dopo la carestia del 1764 con il titolo "Alimurgia o sia il modo di rendere meno gravi le carestie, proposto per il sollievo dei popoli".Questo ramo della scienza non ebbe mai un significativo sviluppo, tuttavia non fu nemmeno completamente dimenticato.Varie pubblicazioni sono state, nel tempo, dedicate all'argomento: saggi dedicati alle piante selvatiche usate come cibo e come medicamento, accompagnate da indicazioni sull'ambiente di crescita, il loro uso popolare e le loro proprietà medicamentose.Uno dei maggiori contributi successivi fu quello di Oreste Mattirolo, direttore dell'Istituto Botanico dell'Università di Torino, che nel 1919, alla fine della prima guerra mondiale, dava alle stampe "I vegetali spontanei del Piemonte - Phytoalimutrgia pedemontana".La crescente produzione editoriale dedicata alle virtù della flora spontanea nei vari settori di impiego per l'uomo è segno di un rinnovato rispetto e interesse per la natura, a fronte di un progressivo consumo e degrado del territorio e degli ambienti naturali.Chi impara a frequentare gli ambienti naturali con occhi "da conoscitore" tende a sviluppare una sensibilità rispettosa degli habitat, anche di quelli minori come boschetti, siepi, ecc., a torto considerati da progettisti, amministratori o singoli proprietari come aree disordinate da risistemare o da eliminare perchè ritenute erroneamente zone prive di valore biologico e culturale.Le erbe selvatiche commestibili sono una risorsa importante per un'alimentazione sana: sono molto più ricche di vitamine e minerali delle verdure coltivate. Non sono frutto della selezione umana ma solo della selezione naturale e nascono spontaneamente dove trovano le condizioni ottimali per la loro crescita, senza forzature da parte dell'uomo e costano solo un po' di fatica.Da questa abitudine alimentare, attraverso i secoli, è giunto fino a noi un imponente patrimonio culturale, tramandato nelle varie generazioni. Esso consiste di vari elementi: 1) i nomi dialettali con cui sono indicate le singole verdure; 2) gli usi gastronomici mediante i quali queste sono o erano consumate; 3) le credenze che ruotano attorno a qualcuna di esse e le loro proprietà medicinali;

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