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Anatomia e fisiologia degli asana – seconda parte

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La maggior parte degli asana assomigliano a posizioni assunte in modo naturale da vari animali, come il coccodrillo, il cobra, il pesce, il pavone, ecc. Questi animali mantengono tali posizioni in modo involontario, grazie ai centri cerebrali inferiori.
Sembra però che i modelli posturali degli asana siano stati appositamente elaborati in modo da attivare il più possibile i centri inferiori di integrazione. Inoltre, in assenza di attività corticale, non vi sono interferenze a livello emozionale o intellettuale: di conseguenza non vi sono tensioni che possano disturbare il soggetto, neppure per pochi secondi.
Quando il mantenimento della postura viene effettuato nel modo suddetto, agevolmente e senza sforzo, diversi muscoli, tendini e articolazioni vengono dolcemente e gradevolmente stirati. Questo stiramento statico, unito a rilassamento, è denominato stiramento passivo: in esso lo stiramento dei muscoli e dei tendini non supera i limiti naturali, perciò non vi è una forte contrazione riflessa dei muscoli. Al contrario, i muscoli cedono facilmente allo stiramento passivo, senza opporre resistenza. Non si ha quindi tensione muscolare, ma il tono muscolare rimane al livello ottimale oppure si riduce considerevolmente: ciò dipende dai gruppi muscolari interessati e dal modello posturale.
Il tono muscolare è la base della postura e può essere influenzato dagli stati emotivi o dalla condizione psichica del soggetto. Quando il tono muscolare si riduce, grazie allo stiramento passivo delle articolazioni e dei muscoli, ne risulta un effetto sedativo e calmante sui nervi. Le emozioni non possono manifestarsi in modo pronunciato: in questo modo e possibile affrontare la propria natura emozionale, riducendo le tensioni emotive e rilassandosi sempre più profondamente. Si ha quindi assenza di disturbi interni (vikshepa) o conflitti (dvandva) ed è possibile in tal modo eliminare gli stati di instabilità (angamejayatva) fisica o mentale. In una tale postura rilassata e stabile, la consapevolezza interna non solo tranquillizza la mente, ma altresì la condiziona mediante il collegamento funzionale del riflesso posturale cervelletto-ipotalamo.
L’attività simpatica è sospesa e l’attività parasimpatica ripristina la stabilità a vari livelli. Ora il corpo comincia a «parlare» alla mente attraverso varie sensazioni che sono percepite dai propriocettori e integrate in modo involontario dai centri inferiori.
Questo spiega perché, a lungo andare, si vede l’effetto di una tale esecuzione sul modello posturale del soggetto.
Gli studi elettromiografici (EMG) hanno pure dimostrato che la mancanza di sforzo e il rilassamento che caratterizzano l’esecuzione suddetta possono ridurre l’attività muscolare, ovvero la tensione nei muscoli, anche nelle posture paschimottanasana e ardha-matsyendrasana. La durata del mantenimento di tali posture aumentava in percentuale variabile dal 10% fino al 50%, mentre il ritmo cardiaco subiva un’accelerazione massima del 6%. Ciò sta ad indicare che il costo energetico di questi asana veniva sensibilmente ridotto, in questo modo è escluso qualsiasi sforzo o affaticamento dell’apparato cardiorespiratorio e il soggetto può mantenere l’asana per un tempo più lungo; il che è importante per ottenere il massimo beneficio dal modello posturale adottato. Lo stiramento passivo dei muscoli e dei legamenti impiega più tempo per agire in profondità fin sul periostio (il rivestimento delle ossa) e sulle capsule articolari. Di conseguenza la circolazione viene attivata attorno a queste zone, ed esse vengono mantenute in normali condizioni di salute e rese più flessibili mediante questo tipo di esercizio privo di sforzo.
Gli organi viscerali sono dotati di muscoli lisci, ed anche questi sono influenzati dallo stato emozionale della persona. Quando i muscoli scheletrici degli arti sono rilassati, gli asana agiscono soprattutto sulla zona del tronco e sui muscoli lisci degli organi viscerali. Le variazioni di pressione negli organi interni hanno il tempo di stimolare il sistema nervoso autonomo, in particolare il suo ramo parasimpatico, il quale mantiene il tono muscolare di questi organi al livello ottimale. Così l’attività emozionale (ipotalamica) dell’individuo è tenuta sotto controllo attraverso questo processo.
È chiaro fin d’ora che la condizione ipertonica della persona può essere facilmente affrontata con una tale esecuzione, la quale può ridurre la rigidità delle varie articolazioni.
Il rilassamento che si verifica a livello dei muscoli e delle articolazioni è importante per allentare le tensioni a un livello più alto. È noto che, se i muscoli superano un certo livello di contrazione o di stiramento, ne risulta una sensazione di dolore. Tale dolore è spesso avvertito nelle articolazioni e nei tendini: l’esecuzione dell’esercizio risulta disturbata e l’attenzione viene rivolta alla parte sofferente. Questo indica che vi è uno sforzo o una
tensione indesiderabile nei muscoli e nei tendini. È indubbio che la postura deve avvicinarsi il più possibile al modello posturale finale, ma ciò deve avvenire in modo gradevole e rilassato, riducendo al minimo lo sforzo, come avviene quando ci si siede normalmente. In questa condizione di rilassamento dei muscoli e delle articolazioni, nella postura finale si può avvertire una sensazione lievemente dolorosa, quindi non sgradevole, che costituisce il limite superiore dello stiramento passivo. In una siffatta esecuzione, i muscoli non offrono resistenza, ma si arrendono passivamente allo stiramento in modo progressivo, finché un giorno diviene possibile raggiungere il modello posturale completo dell’asana.

Classificazione degli asana

Con riferimento ai loro meccanismi anatomico-fisiologici e ai loro effetti, gli asana possono essere classificati come segue:

  1. Asana educativi o correttivi. Questi devono essere praticati allo scopo di allenare e condizionare il corpo e la mente in modo che si instaurino in essi stabilità, pace ed un senso di benessere, che sono requisiti necessari per il pranayama, il dhyana, ecc. La persona viene in questo modo corretta o educata, direttamente o indirettamente, ad un determinato livello, ove sia necessario, così da porre le basi per le pratiche yoga più elevate. Le seguenti divisioni di questo gruppo nei relativi sottogruppi evidenziano il modello operativo di queste tecniche.
  2. Asana rilassanti. Queste posizioni sono indicate per il rilassamento del corpo e della mente. Tale rilassamento, a sua volta, è di aiuto nell’esecuzione della postura correttiva.
    Questi asana rimuovono le tensioni fisiche e mentali e agiscono a livello della coscienza. Inoltre favoriscono la pratica degli asana meditativi e del pranayama (es: shavasana, makarasana).
  3. Asana meditativi. Queste posizioni offrono una postura comoda e stabile del corpo, e quindi una mente ferma per la meditazione o dhyana (es.: padmasana, siddhasana, svastikasana).

Tratto da :M. M. Gore – Anatomia e fisiologia delle tecniche yoga – PromolibriM. M. Gore – Anatomia e fisiologia delle tecniche yoga – Promolibri