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Vishuddhi chakra

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vishuddhi chakra

Vishuddhi chakra è il centro della purificazione (vishuddhi significa purificare).

È simboleggiato da un loto viola scuro con 16 petali, sui quali sono scitte le 16 vocali dell’alfabeto sanscrito.

Queste sono am, aam, im, iim, um, uum, rim, riim, lrim, lriim, em, aim, om, aum e le due aspirate am e ah.

Nel centro del loto vi è un cerchio bianco e il bija mantra ham posto su di un elefante bianco.

L’elefante è simbolo dell’etere.

La divinità che vi presiede è Ardhanariswara, la forma del Signore Shiva e la sua consorte Parvati combinati in un solo corpo, mezzo maschio e mezza femmina.

ardhanarishwara
Ardhanarishwara

La dea di questo centro è Sakini, che presiede l’elemento ossa.

Vishuddhi chakra influenza le corde vocali e la regione della laringe, tiroide e paratiroidi.

I disordini in questa zona del corpo fisico possono essere rimediati concentrandosi profondamente su questo chakra.

Il centro della gola è il luogo dove il nettare divino o amrita (il mistico elisir dell’immortalità) viene gustato.

Questo nettare è una sorta di dolce secrezione prodotta dalla ghiandola conosciuta come lalana chakra che si trova vicino al retro della gola.

Con le pratiche di yoga più elevate come khechari mudra, viene stimolata la ghiandola del nettare.

Essa secerne il nettare con il quale lo yogi può sopravvivere per qualsiasi lasso di tempo senza cibo o acqua.

Molti yogi in India hanno dimostrato che possono essere sepolti vivi per vari giorni di seguito grazie alla loro padronanza su Lalana chakra.

Qualsiasi pratica usata per stimolare questa ghiandola non deve essere intrapresa senza la guida di un guru competente perché vi sono dei pericoli.

Una secrezione amara velenosa è prodotta quando l’aspirante non è nella condizione adatta per intraprendere pratiche così avanzate.

Si può meditare su Vishuddhi chakra cercando di sentire che le fredde dolci gocce di nettare stanno cadendo su di esso dando una sensazione di beata ebbrezza.

vishuddhi chakra

Da “Il potere del serpente”, Arthur Avalon, Edizioni Mediterranee 1987, La descrizione dei sei centri (Shatchakra nirupana) vv 28-31:

28-29 – Nella gola v’è il Fiore di Loto chiamato Vishuddha, che è puro e di un color porpora scuro.

Tutte le (sedici) vocali che splendono sui suoi (sedici) petali, di color cremisi, sono chiaramente visibili a colui la cui mente (Buddhu) è illuminata.

Nel pericarpo di questo Fiore di Loto v’è la regione eterea, di forma circolare, bianca come la luna piena.

Su di un elefante bianco come la neve siede il Bija di Ambara, che è di color bianco.

Delle sue quattro braccia, due tengono il nodo scorsoio ed il pungolo, le altre due fanno il gesto di accordare favori e scacciare la paura.

Ciò si aggiunge alla sua bellezza.

Nel suo grembo dimora sempre il Deva bianco come la neve, dotato di tre occhi e cinque visi, con dieci belle braccia e vestito di una pelle di tigre.

Il suo corpo è unito a quello di Girija e lo si riconosce dal significato del Suo nome, Sada-Shiva.

30 – Più pura dell’Oceano di Nettare è la Shakti Shakini che dimora in questo Fiore di Loto.

La sua veste è gialla, e nelle sue quattro mani di loto porta l’arco, la freccia, il nodo scorsoio e il pungolo.

L’intera regione della luna senza l’orma della lepre è nel pericarpo di questo Fiore di Loto.

Questa (regione) è la soglia della grande Liberazione per colui che aspira alla ricchezza dello Yoga e i cui sensi sono puri e controllati.

31 – Colui che ha raggiunto la piena conoscenza dell’Atma (Brahman), concentrando costantemente la sua mente (Chitta) su questo Fiore di Loto, diventa un grande savio, eloquente e prudente, e gode di un’ininterrotta pace della mente.

Egli vede i tre tempi, e diventa benefattore di tutti, libero da malanni e dolori, longevo e, come Hamsa, distruttore di innumerevoli pericoli.

31 A – Lo yogi, con la mente costantemente fissa su questo Fiore di Loto, col respiro controllato da Kumbhaka, è capace nella sua ira di muovere tutti e tre i mondi.

Né Brahma, né Vishnu, né Hari-Hara, né Surya, né Ganapa, sono in grado di controllare la sua potenza (resistergli).